E’ una delle caratteristiche peculiari dell’uomo la sua disumanità, a dispetto della sua cultura, tradizione e umanità. Sembrerebbe una contraddizione e un paradosso, ma invece è la realtà. Siamo degli umani, ma fondamentalmente disumani ed egoisti, feroci e prepotenti.
Ignorare i problemi degli altri, le sofferenze degli altri, negare un aiuto a chi ne ha bisogno è ciò che in genere accade tutti i giorni. Ovviamente esistono le eccezioni e i santi uomini e le sante donne, ma la maggioranza è diversa, pensa solo a se stessa, a vivere la vita prendendo il massimo di quello che può dare, infischiandosene di chi gli sta intorno, sconosciuti o parenti e amici che siano, non fa nessuna differenza.
Ma quanti di noi hanno vissuto veramente la sofferenza e la disperazione di qualcuno cui la vita ha riservato una ultima e drammatica prova dalla quale ben difficilmente ne potrà uscire vivo. Molti sicuramente, la maggior parte forse, ma come si è affrontata la sofferenza e la disperazione. Quale aiuto si è riusciti a dare in momenti simili. L’aiuto materiale è si importante, ma è quello che in chi soffre è il meno rilevante.
Chi è solo, chi si ritrova in difficoltà serie, soprattutto se di salute, ha bisogno di sentirsi voluto bene, ha bisogno di poter contare sulla presenza di qualcuno sempre e in qualunque momento, ma non della badante o dell’infermiere, ma di una persona cara e amica con la quale poter aprire il proprio cuore per sentirsi ancora vivo e voluto bene.
Portare un aiuto materiale è sicuramente importante, serve e dà una mano, ma ciò che veramente è indispensabile è ben altro.
La vita, prima o poi, toglie ciò che ha dato, ma ben difficilmente darà ciò che prima aveva negato. Fare un passo indietro è molto più facile che non fare un passo avanti. E quando questi passi indietro cominciano ad essere troppi e continui, sopraggiunge lo scoramento e la disperazione. Poter contare su di una spalla può essere la differenza tra la disperazione e la serenità, tra la rassegnazione e la voglia di vivere, tra la vita e la morte.
Monicelli che si è tolto la vita perché lasciato solo e disperato nel momento peggiore della sua esistenza è il classico esempio di quanto sto dicendo.
Quanti anziani vengono parcheggiati nelle case di riposo perché, comunque, ci si deve liberare di loro. La scusa che in una struttura adeguata possano essere meglio assistiti e vivere con persone della loro stessa età è una stupida e crudele scusa che si cerca per giustificare il proprio comportamento. Come mai potrà vivere l’ultimo periodo della sua esistenza una persona praticamente reclusa, anche se in una struttura da favola, che vedrà le persone che lo circondano andarsene, uno alla volta, giorno dopo giorno, e stare li in attesa che venga il proprio turno. Una sorta di braccio della morte.
Oggi la vita si è decisamente allungata e, con essa, la qualità stessa della vita è decisamente migliorata. Una persona della terza età ha ancora bisogno di sentirsi una persona viva, una persona importante per i propri cari soprattutto, per coloro ai quali ha dedicato i suoi anni e le sue migliori energie. Essere messo in soffitta, come una lampada vecchia è quanto di più triste e crudele possa capitargli. E’ una persona che ancora può dare tanto e, di contro, si accontenta di poco, ma quel poco deve essere buono.
In questa società frenetica come l’attuale dove l’apparire è la cosa più importante per tantissime persone, il più delle volte il sentimento e l’amore lasciano il posto alla frivolezza e alla stupidità.
Bisognerebbe un po’ tutti ricordarci che, se la fortuna sarà benigna, potremmo anche noi arrivare a quell’età difficile che è la terza e ultima età e, quindi, potrebbe toccare anche a noi.
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