Accomunati da un triste destino, spettatori e giocatori sono costretti ad orari impossibili e assurdi per delle scelte a dir poco discutibili della Lega.
Giocare a settembre, che è ancora estate sia come calendario che come temperatura, alle 12 in città del Sud, notoriamente tra le più calde del Paese, come Bari e Cagliari, è a dir poco folle. Ed è incosciente chi ha deciso certi orari.
Tutto questo per cercare di vendere meglio i famosi e, in questo caso famigerati diritti TV. Così come, giocare al Nord e in inverno, partite alle 21. Del resto, chi ha preso questa decisione, non è costretto a scendere i mutande sul campo di gioco e a correre e sudare per cercare di disputare una onesta partita; e non se lo sognano proprio.
Nè, tampoco, si sognano di cambiare le loro abitudini alimentari, semmai facendo una colazione mattutina tale da sostituire il pranzo, per ritrovarsi in una condizione psicofisica ideale per giocare una partita di 90 minuti.
Si potrebbe obiettare che i giocatori sono profumatamente, e a volte molto più, pagati e quindi che qualche piccolo sacrificio lo potrebbero anche fare senza fare i capricci, ma sarebbe come chiedere ad un lavoratore qualunque di fare un lavoro in condizione disagiate per soddisfare le esigenze di altri.
E gli spettatori dove li mettiamo? Anche questi ultimi sono costretti a fare sacrifici per andare allo stadio in orari assurdi che sconvolgono completamente le normali abitudini, solo che loro, al contrari dei giocatori che sono profumatamente pagati, devono anche pagare per trovarsi in una situazione disagiata.
Ci si augura che la Lega, e per essa i suoi rappresentanti, rinsavisca una buona volta e che consideri che esiste per il solo fatto che esiste il calcio e, soprattutto, gli spettatori.
daniele |